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Vaticano, l’ombra di un software spia contro i corvi

GendarmeriaLa Gendarmeria vaticana, guidata dal potentissimo ispettore generale Domenico Giani, ex ufficiale della Guardia di finanza con un passato anche nei servizi segreti del Sisde, servizio per le informazioni e la sicurezza democratica, potrebbe essersi avvalsa di tecnologie molto invasive per compiere l’indagine sulla fuga di documenti riservati della Santa Sede. Il filone che ha portato all’arresto di monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e della 'pierre' Francesca Immacolata Chaouqui.
Gli investigatori del potente servizio di sicurezza del Vaticano, infatti, non è escluso che abbiano utilizzato anche i software spia della Hacking Team, società milanese finita nella bufera a luglio 2015 dopo un attacco hacker che ha svelato la sua rete commerciale nel mondo.
Elementi che lasciano intendere che la Santa sede abbia acquistato e utilizzato software per sorvegliare i telefoni e i computer degli indagati, e non solo, si trovano proprio tra i file sottratti alla Hacking Team e diffusi in Rete nella notte tra il 5 e il 6 luglio. Si tratta della corrispondenza intercorsa, a dicembre del 2013, tra l’ufficio commerciale della società milanese e il colonnello Costanzo Alessandrini, il numero due della Gendarmeria vaticana.
L’oggetto della comunicazione era il sistema Galileo, potente software di intrusione commercializzato alle intelligence di mezzo mondo dalla Hacking Team, che però a Lettera43.it smentisce aver mai venduto il software al Vaticano, «che non è pertanto tra i clienti dell'azienda».
Secondo quanto scrive il key account manager della stessa società in un’e-mail diretta ad Alessandrini il 19 dicembre 2013, la Gendarmeria, durante l’assemblea generale dell’Interpol (di cui dal 2008 fa parte anche il Vaticano), nel 2013 a Cartagena, avrebbe apprezzato molto le caratteristiche e le sterminate potenzialità intrusive dei software della Hacking Team.
Nella stessa comunicazione, l’unica destinata al Vaticano tra quelle finite nel calderone dei file sottratti dai server della software house milanese, vengono illustrate ad Alessandrini le principali caratteristiche di Galileo, in particolare la possibilità di intercettare qualunque modello di smartphone e qualunque tipo di comunicazione elettronica. Successivamente, sentito dal settimanale l’Espresso, Alessandrini non volle rispondere alla domanda se il Vaticano si fosse dotato o meno di questa tecnologia.
Di certo, almeno dal 2011, la Gendarmeria è in grado di compiere intercettazioni telefoniche tra le mura Vaticane e oltre i confini della Santa sede instaurando autonomi rapporti con le compagnie telefoniche, al pari di una qualunque procura italiana. Dunque il Vaticano può spiare chiunque, naturalmente nei casi in cui il promotore di giustizia lo ritenga necessario.
Non è noto, a differenza dei tribunali italiani, quante intercettazioni compia la Santa sede, ma è certo che la Gendarmeria le abbia utilizzate anche in occasione delle indagini che portarono all’arresto del maggiordomo del papa, Paolo Gabriele.
Per quanto se ne sa, sotto il pontificato di Ratzinger il servizio di sicurezza avrebbe attrezzato nei sotterranei del Palazzo apostolico due sale di ascolto, dotate di sofisticate attrezzature per le intercettazioni telefoniche e ambientali, e una sala per il monitoraggio della posta elettronica e contro possibili attacchi hacker verso le infrastrutture informatiche della Santa sede.
E proprio la sicurezza della rete informatica del Vaticano sarebbe finita al centro delle indagini della Gendarmeria nell’ambito dell’ultima inchiesta che coinvolge monsignor Balda e la pierre Chaouqui. Gli uomini di Giani, secondo il sito spagnolo di informazione cattolica Religiòn digital, avrebbero, infatti, compiuto accertamenti anche sul conto di Corrado Lanino, marito di Francesca Chaouqui. L'uomo, prima dell'inizio dello scandalo Vatileaks, lavorava per la Fondazione Santa Lucia di Roma, organismo dipendente dalla Santa sede, in qualità di responsabile del terzo livello di sicurezza del sistema di comunicazioni vaticano, conosciuto come “Arcangelo Gabriele”. Il livello hackerato, che secondo gli inquirenti vaticani avrebbe permesso la fuoriuscita di documenti riservati, è stato il secondo, denominato “Arcangelo Raffaele”, mentre il massimo livello, “Arcangelo Michele”, non avrebbe evidenziato intrusioni.

di Fabrizio Colarieti per lettera43.it [link originale]

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