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Nella storia del radarista Mario Alberto Dettori, morto a Grosseto in circostanze misteriose il 31 marzo 1987, a 7 anni di distanza dalla notte della strage di Ustica (27 giugno 1980, 81 morti) in cui il maresciallo dell'Aeronautica si trovava al radar della base di Poggio Ballone, c'è un uomo senza volto, mai rintracciato e su cui la Francia, nonostante due rogatorie della nostra magistratura non ha mai dato spiegazioni. Di quell'uomo, un militare francese dell' Armée de l'air, da anni si conosce solo il nome: Roland. Un elemento che potrebbe tornare di attualità nell'ambito delle indagini recentemente disposte dalla Procura di Grosseto che in seguito a un esposto dei familiari del militare, morto ufficialmente suicida, ha ordinato la riesumazione del suo corpo.
La prima a parlarne al giudice Rosario Priore, durante l'istruttoria sul disastro del Dc9 Itavia, fu la moglie di Dettori. La vedova dell'aviere si presentò dal giudice il 16 marzo 1992 e fece mettere a verbale alcuni elementi, ma anche alcuni documenti che il figlio Andrea aveva ritrovato in cantina, dentro una cassetta per gli attrezzi, a cui nessuno, prima di allora, aveva fatto caso. All'interno c'era un libretto di assegni, rilasciato dalla Banque Sudameris France su un conto aperto da Dettori a Montecarlo per depositare lo stipendio durante la sua permanenza in Francia. ...continua a leggere "Ustica, caccia a Roland il francese senza volto"

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«Venuti a conoscenza di fatti diversi dalle ricostruzioni ufficiali, rivelano la loro conoscenza in ambiti strettissimi, ma non al punto tale da non essere percepita da ambienti che li stringono od osteggiano anche in maniera pesante. E così ne restano soffocati. E quindi, anche se non si raggiunge la prova di atti omicidi, resta che gli atti di costoro, se suicidi, furono determinati da stati psichici di profonde prostrazioni connesse con gli eventi».
Scriveva così il giudice Rosario Priore, nel '99, nella sentenza-ordinanza che chiudeva la colossale istruttoria sul disastro di Ustica (27 giugno 1980, 81 morti), accennando alle strane morti - “sulle ginocchia” - di due radaristi che avevano incrociato la strada di uno dei misteri più longevi della storia repubblicana.
Quei morti, su cui ancora oggi permangono forti dubbi e pesanti sospetti di connessione con le sorti del Dc9 Itavia precipitato tra Ustica e Ponza, erano Mario Alberto Dettori, guida-caccia in servizio al radar di Poggio Ballone, e Franco Parisi, anche lui radarista, ma nella base di Otranto.
A 37 anni di distanza da quella notte, in cui l'aereo civile italiano si trovò, a detta degli inquirenti, al centro di una battaglia aerea di cui rimase vittima fortuita, la Procura di Grosseto ha ordinato l'esumazione della salma di Dettori, trovato morto impiccato il 31 marzo 1987. ...continua a leggere "Ustica, riesumata la salma di un radarista in servizio la notte della strage"

Poggio Ballone (Grosseto), 27 giugno 1980, ore 20.59. Il DC9 è ormai sul Punto Condor. Nella sala di controllo del centro radar dell’Aeronautica militare di Poggio Ballone, punto strategico per la difesa aerea nel centro-nord Italia, una dozzina di militari sono impegnati davanti agli schermi radar. La sala operativa è in eccezionale attività: le sue antenne sono in costante collegamento con la base aerea di Grosseto e con la rete Nato. Nei minuti successivi alla scomparsa dai radar di Ciampino del volo Itavia IH-870, i militari di Poggio Ballone sono iperattivi nelle telefonate di ricerca. Dalle ventuno e trentuno alle ventitre e cinquantaquattro i telefoni si fanno bollenti: numerose le chiamate con e verso Roma Ciampino, il centro radar di Marsala e l’aeroporto di Palermo Punta Raisi, dove l’aereo civile doveva atterrare intorno alle ventuno e tredici. Lo scopo è rintracciare il Dc9 scomparso e di cui la drammatica sequenza di chiamate senza risposta di Ciampino, trasmessa via radio, sembra essere l’unica scia lasciata dall’aeromobile.
Tra i militari impegnati nella tenace ricerca c’è anche il maresciallo di seconda classe, Mario Alberto Dettori, assistente controllore di difesa aerea. È da qui che occorre raccontare una storia: quella di Mario Alberto Dettori. Lo avevamo “intercettato” al centro radar di Poggio Ballone la sera del 27 giugno 1980 davanti a uno schermo radar che trasmetteva in diretta la tragica scomparsa del Dc9, una tragedia capace di uscire dal monitor e rendere tutti protagonisti. Lo rivediamo il 28 giugno, la mattina seguente al disastro. Alberto, così lo chiamano tutti, vive a Grosseto una vita serena con la moglie Carla e i tre figli Barbara, Andrea e Marco. Normalmente è un tipo amabile e tranquillo ma quella mattina è agitato, nervoso, distratto, sfuggente allo sguardo di Carla con un insolito silenzio. Indossa ancora la divisa sgualcita dal suo turno di notte, quando in cucina la donna lo incoraggia a confidarsi, ma lui si limita a dire: «è successo un casino, qui vanno tutti in galera». Carla, preoccupata, gli chiede se ha litigato con qualche commilitone ma lui, mostrandosi ancora più nervoso, risponde: «no, magari fosse successo…». Carla non insiste, del resto lo conosce, sa che lui parla poco del suo lavoro, non domanda altro. ...continua a leggere "La strage di Ustica e la strana morte di Mario Alberto Dettori"

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Vittime collaterali AdagioQuesta storia, più di altre, insegna tante cose. Per esempio che la morte ti si avvicina non solo quando sei vecchio o malato. La gelida Signora ti si accosta anche quando diventi scomodo, quando tocchi con mano la verità e il segreto, oppure quando sei rimasto solo e disarmato. A quel punto sei già morto, resta solo da capire quando e cosa ti accadrà.
Giovanni Falcone, quando il suo destino era prossimo a Capaci, diceva che generalmente si muore perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande o, peggio ancora, perché non si dispone delle necessarie alleanze o si è privi di sostegno. Parole che valgono anche per gli ottantuno passeggeri del Dc9 Itavia precipitato nel mare di Ustica il 27 giugno 1980: quella sera erano soli, erano dentro un gioco più grande di loro, non avevano alleati e nessuno poteva salvarli. Ma vale anche per coloro - almeno due - che dopo quei fatti, con ogni probabilità essendone stati testimoni oculari, hanno incontrato sulla loro strada la gelida Signora. La loro sorte, le loro storie, sono un mistero nel mistero. Le chiamano morti sospette e se nell’affaire Ustica la verità è la vittima numero 82, loro - Mario Alberto Dettori e Franco Parisi - sono i morti numero 83 e 84.
Il giudice Priore gli ha dedicato un capitolo della sua lunga sentenza-ordinanza e, non a caso, quel capitolo s’intitola Le morti sospette. E’ un elenco: 13 nomi, 13 morti. Gli ultimi due sono proprio loro, Dettori e Parisi, e le loro storie sono narrate in un paragrafo a sé che ha un titolo che dice tutto ciò che c’è da sapere: I decessi per i quali permangono indizi di collegamento con il disastro del Dc9 e la caduta del MiG. Priore, nelle premesse, dice anche una cosa importante: in questa storia non si sarebbero dovute determinare necessità estreme di soppressioni, se non nei casi eccezionali di testi diretti, tecnici, in possesso di larga parte dei fatti. Di testi cioè fonti, non smentibili o da mostrare come usciti di senno. ...continua a leggere "Vittime collaterali"