Vai al contenuto

Le finanze vaticane hanno rischiato il default, a causa del crollo delle donazioni ma anche di operazioni finanziarie spericolate, della lievitazione incontrollata dei costi per il personale e dell’incapacità di valorizzare gli asset, a partire da quello immobiliare. E' quanto racconta Gianluigi Nuzzi nel suo nuovo libro Giudizio universale, edito da Chiarelettere, il quarto che il conduttore di Quarto Grado dedica agli affari più oscuri della Santa Sede. Tremila documenti inediti, quelli a cui ha avuto accesso Nuzzi, fotografano, oltre le mura leonine, una scenario inquietante, soprattutto da quando Papa Francesco ha deciso di scoperchiare il vaso di Pandora provando a cacciare i mercanti dal Tempio. E sono state proprio le indagini della task force istituita da Bergoglio a fare luce su ciò che non tornava nei conti e nei bilanci della Santa Sede. Un disastro che emerge in uno dei passaggi centrali del libro dove si fa riferimento a una drammatica riunione, risalente allo scorso anno e finora rimasta riservata, in cui 17 cardinali (tra cui il Segretario di Stato Pietro Parolin) dissero chiaramente che l’emorragia era talmente grave da mettere a rischio la tenuta delle finanze vaticane. Le voragini più significative, e in certi casi neanche quantificabili, oltre al crollo delle entrate - ad esempio quelle derivanti dai bonifici delle diocesi e dall’Obolo di San Pietro -, riguardano il Fondo pensioni e quello dell’assistenza sanitaria, ma anche milioni di euro persi a causa di investimenti poco oculati in titoli e azioni. ...continua a leggere "La Provvidenza non basta. Il Vaticano ha sfiorato il crac"

2

«Sono uno scapestrato? Sono solo un po’ sfigato e sono il figlio di un politico mafioso, non il solo però. Mi sento responsabile, ma sappiate che quella trattativa è costata la vita al giudice Borsellino e portava in alto, molto in alto. Talmente tanto che ancora oggi potrebbe avere un effetto dirompente». Lo sfogo di Massimo Ciancimino, il controverso figlio di Don Vito, sindaco mafioso del “sacco” di Palermo, uomo chiave dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia, arriva via Facebook, nel cuore della notte, dopo aver letto un articolo de Il Punto di qualche settimana fa (Palermo Top Secret, ndr) e mentre le trascrizioni delle ansiose telefonate di Nicola Mancino al consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio, fanno il giro del mondo. Ciancimino junior lo immaginiamo con un iPad tra le mani, chiuso nella sua casa, nel cuore elegante di Palermo, impegnato a leggere il malloppo di atti giudiziari allegato all’avviso di conclusione delle indagini con cui la Procura del capoluogo siciliano si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per una dozzina di indagati eccellenti. Tra loro c’è anche lui che in quell’aggettivo, «scapestrato» appunto, come lo avevamo definito sulle pagine del nostro settimanale, proprio non riesce a riconoscersi. Carte scottanti, che, secondo i magistrati di Palermo, Antonio Ingroia, Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene, raccontano come lo Stato, negli anni del tritolo, provò a scendere a patti con la mafia stragista, attraverso la mediazione sotterranea di politici e di alti ufficiali dell’Arma dei carabinieri. Carte che contengono tutto quello che Ciancimino aveva cominciato a ricostruire con gli inquirenti quattro anni fa, ridando voce, un po’ alla volta, alle parole di suo padre. E che, nell’ambito della stessa inchiesta palermitana, gli sono costati due capi di imputazione: associazione a delinquere di stampo mafioso e calunnia. ...continua a leggere "«Borsellino ucciso dalla trattativa»"

Gianluigi NuzziL’hanno ribattezzata Vatileaks, è la nuova bufera di segreti e veleni che parte dalle pagine di un libro, appena finito sugli scaffali, e che si sta già abbattendo come un uragano sulla Santa Sede. L’autore di questo saggio - che farà molto discutere - è il giornalista di Libero, Gianluigi Nuzzi, che torna in libreria con Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI (Chiarelettere, 326 pagine 16 euro) a tre anni, e sedici edizioni, dal fortunato Vaticano S.p.a. E qualcosa così non era mai accaduto, anzi a dire il vero solo la penna di Antonio Socci, qualche mese fa, aveva immaginato una storia simile, però tra le pagine di un romanzo. Perché nessuno, prima di Nuzzi, era riuscito ad accedere nelle stanze di un Papa in carica, a leggere e fotocopiare le sue carte più riservate e raccontarne il loro contenuto in un libro. Centinaia di documenti, usciti dalle mura leonine con una discovery che assomiglia tanto a quelle sull’amministrazione statunitense che hanno reso famoso, e temibile, Julian Assange e la sua organizzazione Wikileaks. Carte che svelano la quotidiana precarietà della Chiesa, tra affari, assai poco trasparenti, segreti inconfessabili, congiure di palazzo e guerre clandestine. Gianluigi Nuzzi, dopo il saggio sullo scandalo dello Ior, questa volta racconta i personaggi e i travagli che dividono la Chiesa nei giorni nostri e che coinvolgono e condizionano anche l’Italia e la sua politica. Dietro il meticoloso lavoro di Nuzzi c’è una fonte anonima e segreta, di cui si conosce solo lo pseudonimo, “Maria”. Una gola profonda alla quale la Santa Sede ha già dichiarato guerra, giudicando il libro come un «atto criminoso» e annunciando azioni legali, perché probabilmente dentro quelle carte ci sono verità e segreti che imbarazzano molto il Vaticano. Il presunto “corvo” sarebbe un aiutante di camera della famiglia pontificia, in sostanza il maggiordomo del Papa, identificato e fermato dalla gendarmeria il 25 maggio, su ordine del promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi. Per esempio ci sono le lettere di Dino Boffo, l’ex direttore del quotidiano della Cei Avvenire, bruciato da veline di palazzo perché ostile al governo Berlusconi. Missive talmente riservate da suscitare la sorpresa del diretto interessato, nel momento in cui Nuzzi lo informa di essere entrato in possesso della corrispondenza intercorsa tra lui, il Papa e il cardinale Angelo Bagnasco. «Non le ho fatte leggere a nessuno, come fai ad averle?», la risposta dell’ex direttore di Avvenire, che, tuttavia, bolla il lavoro di Nuzzi come «selvaggio» e «lesivo dell’immagine dell’Italia». In una di quelle missive, e il destinatario è direttamente il Santo Padre, c’è un retroscena che Boffo definisce fondamentale, e cioè che a trasmettere a Vittorio Feltri il documento falso sul suo conto «è stato il direttore de L’Osservatore Romano, prof. Gian Maria Vian». Poi ci sono le lettere dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ex segretario del Governatorato, l’ente che gestisce tutti gli acquisti e gli appalti della Santa Sede, che dopo aver fatto risparmiare milioni di euro al Vaticano, e scoperto gravi irregolarità spulciando nei bilanci, è costretto alle dimissioni. E ancora: le donazioni private al Papa (anche quelle di Bruno Vespa) e le raccomandazioni del Vaticano all’allora sottosegretario Gianni Letta, per far assumere un giornalista all’agenzia Ansa. Ma nelle carte finite dentro Sua Santità c’è anche il problema dell’Ici e una lettera, datata settembre 2011, con cui il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, trasmette al cardinale Tarcisio Bertone un rapporto «suggeritomi riservatamente dal ministro del Tesoro Giulio Tremonti». Tra quelle righe ci sono le tre strade percorribili per risolvere il problema della tassa sugli immobili della Chiesa: «abolire le agevolazioni Ici (Tremonti non lo farà mai); difendere la normativa passata limitandosi a fare verifiche sulle reali attività commerciali e calcolare il valore “dell’aiuto di Stato” dato (non è sostenibile); modificare la vecchia norma che viene contestata dalla Ce che si applicava ad attività che avessero “esclusivamente” natura commerciale». Ci sono anche il caso Ruby e Berlusconi «vittima di una magistratura politicizzata», gli incredibili pedinamenti degli 007 vaticani in territorio italiano, le verità sui Legionari di Cristo e lo scandalo pedofilia in una testimonianza mai resa pubblica. E poi, ancora altro, come le intemperanze di molti vescovi in ogni parte del mondo e persino i particolari di un incontro segreto tra Giorgio Napolitano e Benedetto XVI di cui nessuno, finora, era venuto mai a conoscenza. Tra le pagine del libro di Nuzzi c’è anche un passaggio su don Julián Carrón, il leader di Comunione e liberazione, che accusa la diocesi di Milano di simpatie politiche, e anche l’imbarazzo del Vaticano nel dare conto di ciò che evidentemente non può rivelare sul mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi. «Per quanto riguarda la menzione del caso Orlandi, dopo aver sentito padre Lombardi e nuovamente mons. Balestrero, si è giunti alla conclusione che non è opportuno un cenno al caso». Scrive monsignor Giampiero Gloder, ghostwriter del Papa in vista dell’Angelus del 18 dicembre 2011. Nuzzi annoda i fili delle storie che insieme si leggono come se fossero capitoli di un thriller, ma nelle prime pagine del suo libro ammette anche di aver percepito, entrando in possesso di quelle scottanti carte, di essersi infilato in una storia più grande di lui. «La volontà di chi ha reso disponibili queste carte, rompendo vincoli di segretezza e quindi rischiando di persona, - si legge nell’introduzione di Sua Santità - è quella di dare fiato e coraggio a tutti coloro che dentro la Chiesa non si riconoscono in un’istituzione tesa soprattutto a gestire beneficenze, affari e potere e si battono perché essa sia più vicina al cuore degli uomini e ritrovi l’abbraccio solidale di tutti i fedeli sparsi nel mondo». 

di Fabrizio Colarieti per Il Punto del 7 giugno 2012 [pdf]

securityNelle grandi aziende è prassi sempre più consolidata. Le security private assomigliano sempre di più a vere e proprie strutture parallele di intelligence. "Eserciti Spa" con grandi disponibilità di risorse tecnologiche, soldati e know how al servizio di un solo uomo: il padrone. Lo dimostrano circa quattro anni, per affacciarsi solo sul recente passato, di scandali e indagini. In più ci si è messo anche il Governo che a colpi di timbri “top secret” ha di fatto certificato che certi rapporti, tra pubblico e privato, esistono e non sono poi così infrequenti.
Le consorterie della sicurezza privata, al soldo delle grandi aziende, violano ogni giorno la legge e la privacy dei propri dipendenti, dei clienti, dei concorrenti, dei cittadini e di chiunque, anche per pura coincidenza, inciampi nei loro affari. Li schedano, li intercettano, sbirciano nella loro posta elettronica, li pedinano e li filmano. In nome di una “ragione aziendale”, che assomiglia tanto alla “ragione di Stato”, che calpesta ogni diritto e che va oltre, anche l’immaginabile. È l’esercito degli ex, delle agenzie investigative e delle risk agency. Pubblici dipendenti in aspettativa, ex carabinieri, ex poliziotti, ex finanzieri, ex spioni. Dopo la pensione o a metà carriera, i più furbi, hanno una chance per non annoiarsi: diventare un consulente nel ramo della sicurezza privata. Un esercito invisibile di “barbe finte” pronte a tutelare gli interessi dei top manager e ad accontentare ogni loro capriccio.
Sono strutture efficienti, snelle, flessibili, soggette ad alcun controllo, se non quello dei vertici aziendali. Rispecchiano un modello ormai consolidato negli Stati Uniti, dove la sicurezza pubblica e privata vanno ormai a braccetto, anche nei teatri di guerra. Producono veline, dossier, analisi e rumors, a volte a metà strada tra il pettegolezzo e il gossip. Tutto fa brodo e un giorno potrebbe servire. Strutture che, in nome della legge del ricatto, che vige in un mercato ormai avvelenato, in alcuni casi hanno alimentato pericolose “macchine del fango”. Utilizzare ogni mezzo per raggiungere ogni tipo di obiettivo, questa la filosofia aziendale di chi si circonda di un esercito privato.
In quei dossier c’è dentro di tutto: dalle corna alle debolezze del diretto concorrente, passando per le sempre utili informazioni, meglio se piccanti, su politici, magistrati e, perché no, anche giornalisti. Una brodaglia maleodorante, pronta all’uso, che riposa negli archivi e nei server delle grandi corporation. La legge, quella repubblicana, vieta le schedature, le banchi dati, la raccolta delle informazioni con mezzi e tecniche che solo la polizia giudiziaria con l’avallo della magistratura può utilizzare. Ma a leggere le carte - quelle che raccontano prodezze e marachelle borderline delle security aziendali - ci si rende conto che la legge vige solo fuori dalle mura delle aziende. Se poi è necessario violarla, anche al di fuori da quei confini, non c’è problema, per il bene della “ditta”, ci si tappa il naso.
Le cronache raccontano anche che i Servizi, quelli che dovrebbero difendere il Paese, più di una volta hanno strizzano l’occhio ai Servizietti privati. Basta ricordare lo scandalo che coinvolse negli anni Settanta il famoso 007 privato Tom Ponzi (assolto anni dopo). La storia è piena di strani rapporti, a base di scambi bilaterali di informazioni, favori e dossier, tra le security private e i Servizi segreti. Un’intimità tanto stretta quanto insindacabile che ha spinto il Governo, il 22 dicembre scorso, ad apporre il segreto di stato sui rapporti tra un apparato statale, il Sismi (oggi Aise), e un’azienda privata, Telecom Italia. La vicenda è nota e ha visto il Presidente del Consiglio confermare il “top secret” opposto dal numero tre del controspionaggio militare, Marco Mancini, davanti al gup del tribunale di Milano che lo stava processando (in concorso con altri) per rivelazione di segreto d'ufficio, associazione a delinquere e corruzione nell’ambito del procedimento sui dossier illegali dell’ex sicurezza Telecom. Mancini, per difendersi, dovrebbe violare il segreto, parlando della sua attività e dei suoi rapporti che avrebbe avuto con Giuliano Tavaroli e i suoi colleghi al soldo di Marco Tronchetti Provera. Il Premier, l’unico che poteva avallare il silenzio dell’agente segreto, ha decretato che tali rapporti - e più in generale i criteri di gestione e gli assetti organizzativi dei Servizi, in quanto elementi riferibili “alle relazioni internazionali tra servizi e agli interna corporis degli organismi informativi” - sono segreti. Violare il segreto - ha scritto il premier al gup Mariolina Panasiti - “potrebbe da un lato minare la credibilità degli organismi informativi nei rapporti con le strutture collegate, dall'altro pregiudicarne la capacità ed efficienza operativa, con grave nocumento per gli interessi dello Stato”.
Un’altra storia, anch’essa recente, riguarda poi, un’altra compagnia telefonica, la Wind. È il caso di Salvatore Cirafici, agli arresti domiciliari su ordine del gip di Crotone dal 12 dicembre scorso. L’ex responsabile delle intercettazioni telefoniche e dei rapporti con l’autorità giudiziaria della compagnia dell’egiziano Naguib Sawiris, secondo l’accusa, avrebbe utilizzato e fornito ad altri sim che risultavano inesistenti, quindi potenzialmente sicure, e spifferato a un indagato che il suo cellulare era sotto controllo. Tutto questo è emerso nel corso di un’indagine su presunte irregolarità nella realizzazione della centrale turbogas di Scandale nel crotonese che vede indagati, tra gli altri, anche l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio e l’ex presidente della Regione Calabria, attuale vicepresidente dell’autority per la Privacy, Giuseppe Chiaravalloti.
L’ultima prodezza riguarda un’altra internal security, quella della Coop. Una storia davvero inquietante, che sembra uscita da un romanzo di Ian Fleming, i cui contorni sono stati rivelati dalle colonne di Libero, da Gianluigi Nuzzi e di cui, a quanto pare, la magistratura dovrà occuparsi. Secondo quanto ha riferito il quotidiano, infatti, direttori di supermercati, manager, sindacalisti, ma anche cassieri e magazzinieri di diverse Coop della Lombardia, sarebbero stati spiati dall’azienda, con l’utilizzo di microspie, microtelecamere e “sonde” nei centralini telefonici. Si parla di centinaia di conversazioni ascoltate, registrate, filtrate e analizzate, in nome, così pare, di un altrettanto scellerata politica aziendale.

di Fabrizio Colarieti per Il Punto del 4 febbraio 2010 [pdf]