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libriNei Paesi anglosassoni e negli Stati Uniti la letteratura dedicata al mondo dell’intelligence è molto vasta e vede impegnati non solo i giornalisti ma anche gli storici e gli accademici. Le stesse agenzie di spionaggio delle grandi potenze mondiali investono molto sulla produzione e sulla divulgazione di testi, anche attraverso i nuovi media, destinati sia alla formazione dei propri agenti sia alla diffusione della cultura della sicurezza e dell’informazione. In Italia, solo negli ultimi anni, lo sforzo di documentare e raccontare un settore in continua evoluzione, anche dal punto di vista giuridico e normativo, ha spinto le stesse agenzie - Aisi e Aise - a rendere più trasparenti e accessibili le proprie attività. Una sfida culturale che vede impegnati giuristi, economisti, politologi ed esperti di intelligence chiamati dal Dipartimento informazioni per la sicurezza a confrontarsi su questo delicato tema. Tutto questo dopo la riforma che ha radicalmente ridisegnato funzioni e governance dei servizi di sicurezza dando, per la prima volta, un ruolo anche alla comunicazione istituzionale.
UNA LACUNA DA COLMARE. Da sempre, in Italia, la produzione di una specifica letteratura dedicata al mondo dei Servizi segreti ha trovato scarso sviluppo e successo, eccetto poche esperienze, legate quasi esclusivamente alla cronaca di deviazioni e scandali. «Lo studio degli apparati di informazione e sicurezza e delle loro metodologie è stato pressoché ignorato sino alla fine degli anni Settanta», spiega non molto tempo fa dalle colonne della rivista dell’Aisi, Gnosis, Nicola Pedde, studioso e direttore dell’Institute for Global Studies. «La gran parte della produzione libraria in materia a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta - afferma ancora Pedde – fu prodotta da giornalisti, mentre completamente assenti risultarono essere gli accademici. Eccezion fatta per i volumi di commento giuridico alla nuova normativa sui Servizi di informazione e sicurezza promulgata nel 1977. L’argomento intelligence divenne, quindi, scottante e appannaggio esclusivo di chi investigava sulle deviazioni o sui fatti di cronaca del terrorismo nazionale ed estero nel nostro Paese. Non si registrò alcun tentativo di analisi sul settore, la sua funzione e le sue modalità operative, venendo in tal modo a mancare in modo pressoché assoluto una vera e propria disamina sui compiti dei Servizi segreti e sul loro modus operandi, vanificando ancora una volta - aggiunge lo studioso - l’opportunità per un sereno ed approfondito dibattito sull’argomento». ...continua a leggere "Open intelligence"

Il problema è nel dna. I Servizi segreti italiani non sono ancora usciti dal tunnel del sospetto e il dopo riforma - quella che doveva rimettere a posto ogni cosa - pare sia un percorso ancora tutto in salita. Un pantano pieno di inciampi con il passato scomodo che continua a incombere.
Giuseppe De Lutiis, uno dei massimi esperti italiani di spie lo ripete anche nel suo libro “Storia dei servizi segreti in Italia” (Editori riuniti): “Non esistono i Servizi segreti deviati, ma le deviazioni dei Servizi segreti”. E forse nelle segrete stanze della nostra intelligence - tra uno scandalo e l’altro - la situazione è ancora questa. Non ha vita facile, perciò, il prefetto Gianni De Gennaro (ex capo della polizia, nella foto), a due anni dalla sua nomina, definita di “alto prestigio”, al vertice del Dipartimento informazioni della sicurezza (il Dis, ex Cesis): il super Servizio che vigila e coordina l’attività delle due agenzie – Aisi e Aise – nate dopo la riforma del 2007 al posto di Sismi e Sisde.
Recentemente, provando a imporre un “volto nuovo” dell’intelligence, anche raccogliendo, per esempio, migliaia di curriculum di giovani italiani interessati a lavorare per i Servizi, proprio De Gennaro disse che era necessario sgombrare il campo dai luoghi comuni e dai pregiudizi legati al passato. Diffondere, insomma, l'idea di una intelligence trasparente e affidabile, che lavora per la difesa del bene comune, integrata nelle dinamiche sociali del Paese. Eppure non solo De Gennaro ha il sentore, leggendo i giornali e ascoltando la tv, che l'unica idea dei Servizi di informazione che passa è l'istituzionalizzazione di un concetto negativo, “semplificato nella più diffusa definizione di Servizi deviati”.
C’è qualcosa che non va, qualcosa che serpeggia nei palazzi, che fa tremare le poltrone, che continua a velare l’immagine dell’intelligence italiana. Un virus che viene da lontano, dagli scandali degli anni settanta - dal Supersismi all’Ufficio affari riservati del Viminale passando per i fondi neri del Sisde dei primi anni novanta. Un virus che si tramanda da generazioni di “barbafinte”, che ha ormai impregnato, come nel caso dell’Aisi (ex Sisde), le pareti della direzione romana via Giovanni Lanza. Là anche il direttore Giorgio Piccirillo (ex carabinieri), pare non abbia vita facile, insieme ai suoi vicedirettori, Nicola Cavaliere (ex polizia) e Paolo Poletti (ex finanza), nel tenere saldo il timone e rinnovare le fila. A mietere vittime, a offuscare l’immagine dell’Agenzia per la sicurezza interna, sono gli scheletri nell’armadio, i sospetti che arrivano dal passato. A Palermo che ruolo ebbero decine di agenti segreti, molti dei quali ancora in servizio, durante la stagione di sangue che vide cadere Falcone e Borsellino? L’onda lunga di quell’epoca vela ancora oggi la rispettabilità del Servizio segreto civile e a mettere tutto in discussione non sono solo le parole di Massimo Ciancimino. ...continua a leggere "Servizi in crisi"