Vai al contenuto

E’ sempre emergenza carceri

Sono i numeri di una catastrofe. Al 31 dicembre nelle carceri italiane erano presenti 67.623 detenuti (64.700 uomini, 2.923 donne). La media nazionale dell’indice di sovraffollamento si è attestata al 53,5 per cento con 22.643 detenuti in più rispetto alla capienza massima degli istituti. La regione con il più alto indice di sovraffollamento è la Puglia (81,9 per cento) seguita da Emilia Romagna (81,5), Calabria (77,3), Lombardia (66,5) e Veneto (65,5). L’istituto penitenziario più affollato è quello di Lamezia Terme (176,7), seguito da Brescia Canton Mombello (174,3) e Piazza Armerina (151,1). E pur essendo solo quattro gli istituti con capienza regolamentare oltre i mille detenuti (Poggioreale, Secondigliano, Rebibbia e Torino) alla stessa data erano 12 le strutture che ne ospitavano di più. Superavano tale limite, infatti, anche San Vittore, Lecce, Opera, Palermo Pagliarelli, Bologna, Regina Coeli, e Bollate. Delle 205 strutture penitenziarie attive, 30 risultavano sovraffollate oltre il 100 per cento. Gli istituti non sovraffollati (o con saldo negativo rispetto alle capienze regolamentari) erano 34, ma nella maggior parte dei casi si tratta di strutture medio-piccole che hanno sezioni o celle chiuse per ristrutturazione (Arezzo, ad esempio, è praticamente chiuso per ristrutturazione). Milano San Vittore ha due reparti chiusi (il 2° e il 4°) e quindi il dato del sovraffollamento reale è ben più grave di quello ricavato dalle tabelle del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Gli istituti di Rieti e Trento, pur essendo nuovissimi, sono solo parzialmente utilizzati per mancanza di personale.

«Il 2011 penitenziario - afferma il segretario generale della Uil Penitenziari, Eugenio Sarno - si apre esattamente come si è chiuso il 2010. In questi primi giorni, infatti, dobbiamo già registrare tre morti per cause naturali a Lecce, Frosinone e Livorno (ma probabilmente correlate allo stato detentivo), un suicidio nello psichiatrico di Aversa il 4 gennaio e diversi momenti di violenza con la rissa di Porto Azzurro a fare da capofila. D’altro canto la presenza di 22.643 detenuti in più rispetto alla capienza massima, rilevata al 31 dicembre, è la fotografia più nitida dell’universo carcere e dell’anno che si è lasciato alle spalle, connotato da proteste, morte e violenza. Intendiamo - prosegue Sarno - solo dare i numeri, che nella loro spietata freddezza possono valere più di qualsiasi commento, nell’auspicio che possano trovare giusta attenzione e analisi. E’ necessario adoperarsi perché si affermi una coscienza sociale rispetto al dramma penitenziario che, in tutta evidenza, non trova sufficiente attenzione da parte della politica, sempre più insensibile e distante verso una delle più drammatiche questioni sociali del Paese. In ogni caso, consapevoli che lo straordinario impegno e l’elevata professionalità di tutti gli operatori hanno impedito il definitivo collasso del sistema, non perdiamo la speranza che, prima o poi, i politici, Alfano in testa, possano decidere di impegnarsi seriamente alla ricerca delle soluzioni. Semmai - chiosa il segretario generale della Uil Penitenziari - in prossimità di qualche campagna elettorale».

La Uil Penitenziari ha reso noti anche i dati relativi ai suicidi, ai tentati suicidi e altri eventi critici che si sono verificati negli istituti di pena. Nel 2010 le morti in carcere per cause naturali sono state 173, 66 i suicidi in cella (57 per impiccagione, 5 per asfissia con gas, 1 per recisone carotide, 2 per avvelenamento da farmaci, 1 per soffocamento da sacchetti di plastica). I detenuti suicidatisi in età compresa tra i 25 e i 35 anni sono stati 29; 20 quelli nella fascia di età tra i 35 e i 50 anni; 8 i suicidi in età compresa tra i 18 e i 22 anni; 9 gli ultracinquantenni. Nel 86 per certo degli istituti (176 su 205) si è verificato almeno un tentato suicidio, per complessivi 1.134 tentativi di suicidio in cella. I detenuti salvati in extremis sono stati 398, gli atti di autolesionismo ammontano a 5.603 (messi in atto in 192 diversi istituti). I detenuti che hanno fatto ricorso a scioperi della fame, in 181 penitenziari, sono risultati 6.875. Le manifestazioni di protesta collettiva sono state 601. Gli atti di protesta, singoli o collettivi, che hanno turbato l’ordine e la sicurezza, 263. Gli atti di aggressione sono stati 3.462 (di cui 342 in danno di poliziotti penitenziari). I detenuti evasi: da istituti penitenziari 13, da permessi premio 37, da lavoro all’esterno 2, dalla semilibertà 12. La polizia penitenziaria ha, inoltre, sventato 23 tentativi di evasione.

Le carceri italiane - rivelano invece i dati dell'Osservatorio permanente sulle morti in carcere - sono affollate prevalentemente da giovani e, sempre più spesso, sono proprio quest’ultimi a morirvi: nei primi 10 giorni dell'anno 4 detenuti di età compresa tra i 28 e i 35 anni sono deceduti per cause naturali e 1 internato di 32 anni si è impiccato nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. Sono morti, spiegano dall’Osservatorio, «per cause naturali, in assenza di indagini più approfondite (in 3 casi su 4 non è stata disposta l'autopsia), più semplicemente perché il cuore di queste persone si è fermato». Lo scorso anno “per cause naturali” sono morti 107 detenuti, la loro età media era di 39 anni: 73 casi sono stati archiviati senza alcuna ulteriore indagine e classificati come “decessi causati da malattia”. Nei restanti 34 casi è stata avviata un'inchiesta giudiziaria, con ipotesi di reato che vanno dall’omissione di atti d'ufficio all'omicidio colposo, a carico di operatori sanitari e penitenziari, ma finora soltanto 7 procedimenti si sono conclusi e tutti con un “non luogo a procedere”. Secondo l'Osservatorio, «qualunque sia l'esito delle indagini ancora in corso, è inconfutabile il fatto che per un detenuto la probabilità di morire per cause naturali sia molto più elevata che non per un coetaneo libero e questo accade per vari motivi: la popolazione detenuta è mediamente meno in salute di quella libera; la condizione di vita nelle celle è caratterizzata da sovraffollamento, precarie condizioni igieniche, sedentarietà. Va anche detto - sostiene ancora l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere - che negli ultimi anni c'è stata una notevole riduzione delle risorse economiche destinate al sistema penitenziario e i tagli hanno riguardato, in particolare, la manutenzione e la pulizia dei fabbricati, ma anche il mantenimento e l'assistenza sanitaria dei detenuti».

Fabrizio Colarieti  per il Punto, 27 gennaio 2011 [pdf]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.