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Caso Moro, Report indaga sul ruolo di Kissinger nell’ostacolare l’apertura al Pci

Un chiaro avvertimento c’era stato. Ad Aldo Moro gli americani, tramite l’allora segretario di Stato Henry Kissinger, recentemente scomparso, avevano fatto sapere che non gradivano che nel cuore dell’Europa ci fosse un governo allargato ai comunisti. Il primo a raccontare quel colloquio, avvenuto il 25 settembre 1974, era stato il portavoce dell’ex segretario della Dc, Corrado Guerzoni, durante una testimonianza resa in tribunale quando Moro era stato già sequestrato e ucciso dalle Brigate rosse. L’incontro con Kissinger era avvenuto a margine di una cena a Washington a cui Moro aveva partecipato nelle vesti di ministro degli Esteri dell’esecutivo guidato da Mariano Rumor. Guerzoni, davanti ai giudici che stavano processando le Br, spiegò che Kissinger era contrario all’allargamento della maggioranza di governo a tutti i partiti, ma in particolare al Pci. L’avvertimento del segretario di Stato Usa, raccontò poi anche la moglie dello statista, fu perentorio: "Onorevole lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente o la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere". Quarantasei anni dopo l’assassinio di Moro - e quei terribili 55 giorni trascorsi tra la strage di via Fani del 16 marzo 1978 e il ritrovamento in via Caetani del corpo di Moro - “Report” (domenica alle 20.50 su Rai3) prova a riscrivere, con nuovi elementi, una delle pagine più buie della storia repubblicana partendo proprio da quell’incontro con Kissinger. Perché il caso Moro, anticipa la trasmissione di Sigfrido Ranucci, “è per l’Italia ciò che ha rappresentato l’omicidio di John e Robert Kennedy negli Stati Uniti”. Tutti e due i leader furono uccisi “perché volevano poco alla volta lasciarsi alle spalle la logica del patto di Yalta” e il mondo “diviso in campi di influenza contrapposti” tra Usa e Ussr. Dopo i processi e le Commissioni d'Inchiesta, anticipa ancora “Report”, “ora sappiamo che ci è stata raccontata una verità di comodo”. A confermare il racconto di Guerzoni, ma soprattutto a gettare ancora ombre sul ruolo di Kissinger, è l'ex ministro della Dc Vincenzo Scotti che, insieme al giornalista Romano Benini, ha ricostruito in un libro la politica morotea lentamente soffocata dalla Guerra fredda. In particolare, l'apertura al Pci duramente contrastata dalla Casa Bianca. “Kissinger non nasconde mai la necessità di impedire qualsiasi iniziativa politica che vedesse Moro assumere la responsabilità di governo”, racconta Scotti. Un’ulteriore conferma che sull’affaire Moro c’è ancora molto da scoprire. Kissinger non potrà replicare, è scomparso nel novembre scorso certamente portando con sé molti segreti. Ma prima di morire aveva parlato proprio del caso Moro con Orson Francescone del “Financial Times”. A raccontarlo sul “Sole 24 ore” è stato recentemente lo stesso giornalista. “Ah! Aldo Moro, my dear friend!” la risposta di Kissinger alla domanda su cosa pensasse dello statista italiano. Ma arrivando a quell’incontro del 1974, e a un suo eventuale ruolo nel caso Moro, l’ex politico Usa ha seccamente smentito di aver pronunciato quell’avvertimento.

di Fabrizio Colarieti per La Notizia [link originale]

1 pensiero su “Caso Moro, Report indaga sul ruolo di Kissinger nell’ostacolare l’apertura al Pci

  1. Barbara di Leo

    Di sicuro la struttura Gladio esisteva per ostacolare l'ingresso del PCI al Governo ed operava come supporto logistico alla strategia della tensione. Tuttavia e' abbastanza sconvolgente che Kissinger esortasse Moro a cambiare la politica del Compromesso storico che stava perseguendo aprendo al PCI. Ancora piu' sconvolgente pensare che l'intera dirigenza della Democrazia Cristiana fosse alle dirette dipendenze di Kissinger e non abbia dissentito un attimo sulla richiesta della massima fermezza contro il Terrorismo di tipico impianto USA. In pratica hanno consegnato l'autonomia della sovranita' italiana alla prima seria minaccia nelle mani degli USA e la vita di un collega democristiano, tra i piu' integerrimi e competenti nelle mani dei terorristi rossi. E' inutile dare la colpa agli Stati Uniti, qui i veri voltagabbana di Moro sono stati i compagni di Partito, che nemmeno ci hanno provato a sviluppare una linea indipendente di pensiero rispetto a quella tracciata da Washington. L'unico che dissentiva dalla granitica ( per una volta unitaria tra le varie correnti DC) linea della fermezza fu Bettino Craxi, alla guida del Partito Socialista che ha una dimensione d'indipendenza della politica italiana rispetto a quella americana ci ha sempre tenuto. Si veda anche il suo diniego all'accesso di Sigonella ai caccia americani. La dirigenza DC aveva gia' potuto vedere cosa accadde nel settembre nero del 1970 ai giochi olimpici. La polizia tedesca che non negozio' il rilascio, o fece finta fece una mattanza degli ostaggi. I terroristi gli uccisero tuti, ed erano tutti Isreliani. Noi non abbiamo la controprova che se avessimo negoziato avremmo salvato Capra e Cavoli poiche' la DC ha obbedito agli ordini di Washington. Eppure dopo il Caso Moro sono eclatanti i casi in cui alcuni esponenti di rilievo delle forze dell'Ordine ( Genrale Bruno Loi in Somalia) e dei Servizi Segreti ( Nicola Calipari in Iraq) abbiano creato i loro successi con i ribelli e iterroristi liberando ostaggi e salvando vite umane grazie a impressionanti opere di negoziazione e mai con la forza. Fortunatamente per Nicola Calipari l'esercito degli Stati Uniti non era d'accordo sul suo modo operandi e c'e' stato un incidente di fuoco "amico" a sue spese. Ma anche Bruno Loi per vere negoziato coi ribelli era inviso agli americani che lo tacciarono di favoreggiamento nei loro confronti. Insomma l'unica volta che l'Italia ha derogato alla sua esperienza diplomatica d'eccelenza e' stato a casa sua a d opera dei dirigenti della DC, che l'ha screditata e esautorata. Conigli , incompetenti e traditori, dell'Italia e di Aldo Moro. Bene ha fatto la famiglia a celebrare il funerale di Moro a porte chiuse e chiudendole bene in faccia agli ipocriti colleghi di partito che volevano fare un funerale di Stato. SEh.

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