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Aldo MoroIl deputato del Pd Paolo Bolognesi vuole vederci chiaro in merito alla vicenda che ha visto negare all’ex pm Giuliano Turone l’accesso ad alcuni documenti relativi al caso Moro che il magistrato aveva chiesto di consultare presso l’Archivio della Senato. Richiesta respinta con la motivazione che l’Aisi, l’agenzia di intelligence che ha preso il posto del Sisde, per due dei cinque documenti richiesti da Turone “ha stabilito la proroga della classifica (del segreto, ndr) fino al 2019″.
Bolognesi, che rendendo nota la vicenda aveva affermato che la scelta dell’Aisi «tradisce la volontà politica di trasparenza rappresentata dalla recente direttiva del Governo», ha chiesto un incontro al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, insieme ai rappresentanti della Rete degli Archivi per non dimenticare. Negando l’accesso ai documenti all’ex pm Turone, ha aggiunto Bolognesi, «è evidente che in questo modo sarà molto difficile la battaglia di verità che insieme a molte Associazioni stiamo conducendo da anni».
«Vogliamo approfondire con il presidente Renzi – ha dichiarato l’esponente democratico -, sensibile come è noto alla questione della liberalizzazione degli atti relativi alle stragi del nostro Paese, alcune criticità relative all’attuazione da parte degli enti interessati della sua stessa direttiva del 22 aprile scorso che ha previsto la declassificazione e il versamento all’Archivio centrale dello Stato dei documenti relativi alle stragi (1969-1984)».
Sempre sul Moro, il vicepresidente dei deputati del Partito Democratico, Gero Grassi, tra i promotori della Commissione parlamentare d’inchiesta che dovrà indagare sul sequestro e l’assassinio dello statista democristiano, è intervenuto con un’interrogazione per chiedere a Renzi «che tempi siano previsti per la conclusione del processo di liberalizzazione di molti documenti che riguardano le stragi nel nostro Paese ed anche il caso Moro».
Grassi spiega che «il processo avviato è molto complesso mentre, nel frattempo, ricercatori e studiosi continuano a vedersi spesso negato l’accesso agli atti perché gli enti che li hanno emessi non provvedono alla loro declassifica, una decisione, è bene ricordarlo, che può essere presa solo dagli enti stessi. Per quanto riguarda il caso Moro circa il 30% dei documenti conservati dall’Archivio storico del Senato è classificato, circostanza che impedisce a questo archivio, come è noto autorevole luogo di raccolta di documenti che riguardano i casi più controversi della nostra storia recente, di poter rispondere positivamente alle richieste dell’utenza».
«Inoltre – continua Grassi – ho sollevato nella mia interrogazione il problema del taglio dei finanziamenti all’Archivio Centrale dello Stato, struttura che conserva la storia del Paese attraverso milioni di documenti. La questione è stata anche sollevata da una recente inchiesta giornalistica e richiede attenzione da parte del governo anche perché è proprio lì che dovrebbero arrivare le centinaia di faldoni legati alle stragi desecretate dal governo Renzi».
«Siamo convinti – ha concluso il vicepresidente dei deputati del Pd – che il nostro Paese ha bisogno della verità ma occorre grande determinazione perché è davvero inaccettabile che alcuni gruppi parlamentari non abbiano ancora indicato ai presidenti di Camera e Senato i loro componenti della nuova Commissione d’inchiesta sul caso Moro: si tratta di uno strisciante tentativo di boicottaggio che ho già denunciato pubblicamente».
Secondo Marco Carra, un altro deputato del Pd impegnato su questo stesso fronte, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro non ha avviato le sue attività non solo a causa di un ritardo burocratico, ma anche per «un’evidente volontà di impedire che la Commissione inizi a lavorare, come il nostro vicepresidente Gero Grassi, tra i promotori di questo organismo, ha più volte denunciato. La gravità della situazione – ha aggiunto – non può essere taciuta, la presidente Boldrini intervenga subito e solleciti i gruppi ritardatari perché il loro ostruzionismo mina la credibilità dell’iniziativa nei confronti dell’opinione pubblica».

di Fabrizio Colarieti

AMXUn cacciabombardiere leggero Amx dell'Aeronautica militare, decollato da Pratica di Mare, è precipitato nelle campagne molisane di Carovilli, a pochi chilometri da un centro abitato, lievemente ferito il pilota di 35 anni, originario del luogo, che è riuscito a mettersi in salvo catapultandosi dal velivolo. Si tratta dell'ennesimo incidente che vede coinvolto un caccia della discussa flotta di 52 Amx Ghibli in dotazione all'Aeronautica.
La storia degli Amx è infatti costellata di incidenti e avarie, oltre 700 in 12 anni (dati aggiornati al 2008), tanto da valergli il soprannome di "bare volanti". Il primo si verificò nell'84, durante le primissime fasi di collaudo: un Amx si schiantò in fase di atterraggioTorino-Caselle e nell'incidente rimase ucciso il pilota collaudatore. Il 7 novembre '90 un altro caccia, appena entrato in servizio operativo, precipitò nelle campagne pavesi. Nell'impatto con il terreno il velivolo s'incendiò, ma il pilota si salvò lanciandosi con il paracadute.
Nel '92 ne cadde un altro sul tetto di una villetta a Nogara, a 40 chilometri da Verona, e per la prima volta l'Aeronautica sospese i voli, ripresi dopo tre mesi. Nel '93 altri due incidenti: un Amx precipitò in Danimarca nel corso di una esercitazione Nato provocando la morte del pilota; a settembre un altro velivolo cadde vicino Firenze. E ancora: nel '94, sul Gran Sasso, dove morì anche il pilota, nel '96 un altro Amx del 3° Stormo di Villafranca precipitò a Arquata del Tronto, vicino Ascoli Piceno, in questo caso il pilota riuscì a lanciarsi. ...continua a leggere "Un caccia Amx dell’Aeronautica militare precipita in Molise"

Vasili MitrokhinEra il 28 settembre 1999 e i carabinieri si affrettarono a smentire che nelle campagne di Poggio Moiano (Rieti) fosse stato rinvenuto un deposito di attrezzature militari sovietiche seguendo le indicazioni contenute nei rapporti top secret provenienti dall’archivio Mitrokhin. Quelle carte erano appena arrivate in Italia da Londra, dopo che i Servizi segreti inglesi avevano “esfiltrato” l’anziano archivista del Kgb, Vasili Mitrokhin, insieme al suo sterminato archivio.
La notizia fu smentita dichiarando che in quei giorni due agricoltori, in due zone diverse del Reatino – Poggio Moiano e Montasola -, arando il terreno, si erano imbattuti, come spesso accade, in altrettanti ordigni inesplosi risalenti alla seconda guerra mondiale.
Tuttavia nei giorni successivi alcuni parlamentari, interrogando il ministro della Difesa, rivelarono che i carabinieri del Ros, insieme agli artificieri dell’Arma e su indicazioni di una dettagliata informativa del Sismi, erano intervenuti nelle campagne di Poggio Moiano e avevano dissotterrato, proprio seguendo le indicazioni di Mitrokhin, una cassa in legno contenente alcune ricetrasmittenti russe risalenti alla Guerra Fredda.
Il 7 luglio scorso, quindici anni dopo quel ritrovamento, il Churchill Archives Centre dell’Università di Cambridge, declassificando una parte consistente dell’archivio Mitrokhin, che finora era rimasta segreta, ha diffuso una mappa della provincia di Roma (pubblicata da The Independent) in cui sono segnati tre depositi russi identificati coi nomi in codice di “Kollo”, “Fosso” e “Bor”.
“Fosso” è il deposito di Poggio Moiano e cerchiato in rosso c’è il punto, lungo la strada regionale 314, nei pressi di Cerdomare, dove avvenne il ritrovamento. La mappa è l’elemento che mancava alla ricostruzione dei fatti, perché la conferma dell’esistenza del deposito “Fosso” era già contenuta nella parte dell’archivio Mitrokhin (leggi) tradotta e trasmessa dal Ros alla Procura di Roma nell’ottobre del ’99. Il rapporto “impedian” dedicato al deposito di Poggio Moiano è il 237 e recita quanto segue: Il nascondiglio Fosso è stato approntato dalla Residentura del KGB di Roma. Un kit radio ricetrasmittente nr. 624742/2334 è stato occultato nel nascondiglio Fosso. L’operazione è stata condotta il 7 febbraio 1966. La radio trasmittente è stata posta nel nascondiglio della Residentura del KGB di Roma. Il nascondiglio Fosso è posto a 200 m circa dalla biforcazione della vecchia strada Roma-Rieti, andando lungo la strada secondaria verso Poggio Moiano sulla Strada Statale 314. Prima della biforcazione (a 58 km da Roma), il vecchio percorso della strada Roma-Rieti passa sopra un ponte di pietra che attraversa un piccolo corso d’acqua. A circa 800 m dalla biforcazione, una linea elettrica su piloni in calcestruzzo-ferro attraversa la Strada nr. 314 ed un fiumiciattolo passa sotto la strada. 10-15 m prima di un ponticello sul fiumiciattolo, a sinistra della Strada 314 un viottolo di campagna risale una collina, a fianco di una linea elettrica. La radio ricetrasmittente è occultata a 7,5 m dal secondo palo (pilone?) della linea elettrica, lasciando la Strada 314, a circa 0,5 m a sinistra della linea elettrica, guardando il citato palo. Rilevamento bussola del nascondiglio 225¡. Le istruzioni si trovano a 1,10 m (rilevazione bussola 10¡) dalla grossa quercia che si trova a 7 m a sinistra del viottolo, imboccandolo dalla Strada 314. La trasmittente BR-3U matr. 624742/2334 è stata dotata di un dispositivo esplosivo di sicurezza Molniya (lampo). La radio trasmittente ed i ricevitori non sono stati rimossi dal nascondiglio; sono stati depennati dall’inventario del Direttorato S del KGB FCD. Nel novembre del 1974 la Centrale ha deciso di non rimuoverli dal nascondiglio. Il valore della trasmittente era di 3.896 rubli e quello del ricevitore era di 998,50 rubli. Il ricevitore SVIR era valutato 1999,34 rubli. Questo era il costo del solo apparato radio, imballaggio escluso.

di Fabrizio Colarieti per RietiLife.it [link originale]

Vasili MitrokhinA ventidue anni dall'esfiltrazione, da parte del Servizio segreto britannico, dei documenti appartenenti al famoso archivio dell'ex agente del Kgb, Vasili Mitrokhin - descritti dal FBI come "l'intelligence più completa ed estesa mai ricevuta da qualsiasi fonte" -  il Churchill Archives Centre dell’Università di Cambridge ha deciso di aprire per la prima volta al pubblico i suoi archivi.
Dal 1972 al 1984 il maggiore Mitrokhin, anziano archivista dell'intelligence estera russa, ebbe accesso illimitato a migliaia di file riguardanti le operazioni di raccolta di informazioni condotte dalla rete di spie del Kgb in tutto il mondo. Mitrokhin, contrario alla brutale oppressione del regime sovietico, si dedicò a lungo a trascrivere i documenti segreti con l'obiettivo di renderli noti. Nel 1992, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, lui, la sua famiglia e il suo archivio furono esfiltrati dal Secret Intelligence Service del Regno Unito.
«Ci sono solo due posti nel mondo dove troverete materiale come questo. Uno è l'archivio del Kgb - che non è aperto e dove è molto difficile entrare - e l'altro è qui al Churchill College dove è possibile prendere visione dei dattiloscritti di Mitrokhin», ha spiegato il professor Christopher Andrew, l'unico storico, autore di due bestseller sull'archivio Mitrokhin, a cui finora era consentito l'accesso al fondo.
«Mitrokhin ha sognato di rendere pubblico tale materiale dal 1972 fino alla sua morte - ha aggiunto Andrew - e tutto questo sta accadendo nel 2014. Il funzionamento interno del Kgb, le sue operazioni di intelligence all'estero e la politica estera sovietica si collocano all'interno di questa straordinaria collezione. L'archivio dà una visibilità senza precedenti alla portata e alla natura delle attività del Kgb in gran parte della Guerra Fredda».
In conformità con il contratto di deposito, il Churchill Archives Centre sta aprendo le versioni in lingua russa dell'archivio. Tra le 19 scatole e le migliaia di pubblicazioni ci sono note del Kgb riguardanti Papa Giovanni Paolo II, le cui attività in Polonia erano attentamente monitorate prima della sua elezione al papato. Ma anche mappe e dettagli dei segreti russi, riferimenti sui nascondigli di armi e ricetrasmettenti in tutta l'Europa occidentale, Italia compresa, e negli Stati Uniti, e file su Melita Norwood, "La spia che venne dalla Co-op".
Norwood, nome in codice Hola, era il più longevo agente britannico del Kgb, che per quattro decenni passò all'intelligence sovietica informazioni classificate sulla ricerca scientifica nucleare dal suo ufficio di Londra del British Non Ferrous Metals Research Association in Euston.
Fra i documenti riemersi dall'archivio Mitrokhin, c'è anche una mappa di Roma e della sua periferia, in cui sono segnati quelli che appaiono come tre depositi di armi attorno alla capitale. Sono identificati coi nomi in codice di KolloFosso e Bor. Secondo Andrew, questi e altri nascondigli vennero creati nel corso della Guerra Fredda nell'ambito di un'operazione su vasta scala che copriva la maggior parte dei Paesi della Nato. «Dopo tutto questo tempo è probabile che le armi non siano più utilizzabili», ha aggiunto lo storico.
L'archivista scomparso nel 2004 nei suoi appunti parla anche di un deposito di armi a Berna in Svizzera, localizzato in campagna, vicino a una cappella. Un'altra nota spiega come disinnescare le trappole esplosive collegate alle casse di armi. Dai faldoni emergono anche particolari ironici sulle spie al servizio di Mosca, come il fatto che fossero perennemente ubriache e questo ne limitava molto la capacità operativa.
«I file Mitrokhin variano nel tempo dal periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione bolscevica del 1917 alla vigilia dell'era Gorbaciov», ha spiegato ancora Andrew. «Inizialmente trascriveva le sue note giornaliere su piccoli pezzi di carta nascosti nelle sue scarpe. Dopo pochi mesi, ha cominciato a portarli fuori nelle tasche della giacca e ogni fine settimana li seppelliva nella dacia di famiglia nelle campagne vicino Mosca».
Mitrokhin, nato nel 1922, iniziò a lavorato per l'intelligence russa a partire dal 1948. Dal 1972 al 1982 è stato responsabile del trasferimento degli archivi del Kgb, di cui era capo sezione, dalla Lubjanka, nel centro di Mosca, in un nuovo quartier generale dell'intelligence estera a Yasenevo.
Nel 1984, dopo il suo pensionamento, Mitrokhin ha organizzato in dieci volumi i documenti che aveva trafugato e dopo la sua esfiltrazione a Londra ha continuato a lavorare al suo archivio producendo note, analisi e ulteriore 26 volumi tipizzati.
Allen Packwood, direttore del Churchill Archives Centre, parlando del fondo Mitrokhin, ha dichiarato: «Questa collezione è un meraviglioso esempio del valore degli archivi e della potenza degli archivisti. La posizione di archivista ha permesso a Mitrokhin di avere un accesso senza precedenti ad una vasta panoramica di file del Kgb. E' stato il suo impegno per la conservazione e l'accesso alla verità che lo ha portato a copiare i documenti con enormi rischi. Siamo quindi orgogliosi di ospitare le sue carte e di onorare il suo desiderio di renderle liberamente disponibili per la ricerca».

di Fabrizio Colarieti