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Sabelli RodolfoL'Associazione nazionale magistrati guarda al futuro anticipando l’insieme di proposte «indifferibili» che sottoporrà, dopo il voto, all’attenzione del nuovo esecutivo. Dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie al processo civile telematico, passando per l’emergenza carceri, fino al tema, assai spinoso, del rapporto fra magistratura e politica. È il contenuto del documento di sedici pagine illustrato nei giorni scorsi dal presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, che fornirà al nuovo governo l’incipit per avviare un possibile processo riformatore che restituisca efficacia, funzionalità e credibilità alla giustizia.
Presidente, la parola che ricorre maggiormente nel documento è «efficienza». È solo di questo che ha bisogno la giustizia?
«Dignità ed efficienza diciamo. Peraltro i due concetti sono collegati, perché la giustizia non può avere dignità se non è una giustizia efficiente. L’efficienza è il filo rosso che unisce un po’ tutte le nostre proposte, senza dimenticare che è una condizione strumentale alla tutela dei diritti. In fondo l’obiettivo, l’oggetto della giustizia, sono proprio i diritti, non è l’efficienza. Parliamo di un’istituzione pubblica, quindi non si tratta di realizzare un efficientismo ad ogni costo, ma di realizzare un’efficienza che consenta di tutelare i diritti al meglio, cosa che al momento francamente non avviene, né nel settore penale né in quello civile, per i ritardi e le ragioni che tutti conosciamo». ...continua a leggere "Giustizia giusta. Intervista a Rodolfo Sabelli"

giorgio napolitanoIl boia delle telefonate della discordia tra il presidente Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza nell'ambito dell’inchiesta sulla trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra, non è ancora entrato in azione. Lunedì 11 febbraio un tecnico incaricato dal Tribunale sarebbe dovuto entrare nella sala server del carcere palermitato dell’Ucciardone con una missione precisa: distruggere i quattro file audio contenenti le conversazioni finite nel mirino della Consulta, dopo il conflitto di attribuzione sorto tra il Capo dello Stato, registrato indirettamente, e la procura di Palermo, che li aveva incisi ascoltando (legalmente) le utenze dell’indagato Mancino. La decisione del gip, Riccardo Ricciardi, che dovrà dare il via libera alla distruzione di quelle registrazioni è slittata all'udienza dell’11 marzo. Un rinvio innescato dal ricorso di un altro co-indagato eccellente:Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo, che ha chiesto di ascoltare le conversazioni per accertare se contengano elementi favorevoli alla sua difesa. Ironia della sorte a cancellare le tracce di quelle telefonate era stato chiamato in Sicilia un tecnico della Research control system di Milano. La stessa società finita nei guai per la famosa telefonata – anch'essa intercettata – nel corso della quale Piero Fassino, parlando con Giovanni Consorte all'epoca dell’inchiesta sulla scalata di Unipol alla Bnl, esclamò «abbiamo una banca?». Telefonata finita illegalmente nelle mani di Silvio Berlusconi e subito dopo tra le colonne de Il Giornale, dopo essere stata trafugata dalla sala ascolti della procura di Milano, proprio da un tecnico della Rcs (il processo è sospeso e rinviato a dopo le elezioni). ...continua a leggere "Gli X-Files del Colle"

dc9_ustica1_NDietro un processo ci sono sempre delle storie. Ci sono le vittime e i loro carnefici, i giudici tenaci e quelli meno coraggiosi, gli avvocati bravi e quelli meno preparati. Dietro questo processo, finito quasi trentatré anni dopo una delle più grandi tragedie del nostro Paese, c’è, innanzitutto, la storia di un uomo. Si chiamava Gaetano La Rocca, aveva 39 anni, faceva l’assicuratore e la sera del 27 giugno 1980 era a bordo del Dc9 dell’Itavia che precipitò in mare, vicino Ustica. Tornava a casa, a Palermo, dopo una trasferta di lavoro a Bologna. La storia di Gaetano La Rocca è tormentata, come quella degli altri ottanta passeggeri del volo IH-870 inghiottiti dalle tenebre mentre intorno a loro si consumava qualcosa che ancora oggi va chiarito fino in fondo. I suoi familiari, nel 1990, furono i primi a capire che erano le istituzioni a dover pagare per quello che era accaduto nei cieli del Tirreno. E di anni, prima di arrivare al primo verdetto, in sede civile, ne hanno attesi ben diciassette.
Il primo giudice che puntò il dito contro lo Stato, nel 2007, fu Gianfranco Di Leo della seconda sezione civile del Tribunale di Palermo. Fu il primo a scrivere che per quanto era successo la notte di Ustica - a prescindere da chi lanciò il missile contro il Dc9 - era lo Stato a dover risarcire le vittime, principalmente per non aver garantito la loro incolumità. Tre anni dopo il giudice Alfredo Laurino della prima sezione civile della Corte d’Appello di Palermo confermò la sentenza di primo grado dando la possibilità ai familiari di Gaetano La Rocca, e a quelli di altre cinque vittime che nel frattempo si erano aggiunti in giudizio, di ottenere il risarcimento. «Circa le due opzioni formulate per individuare le cause della caduta dell’aereo - scriveva Laurino nella sua sentenza -, e cioè l’abbattimento ad opera di un missile, o l’esplosione interna, la Corte ritiene accertata, nel rispetto degli standards di prova sopra specificati, la prima», cioè il missile. ...continua a leggere "Ustica, una verità inconfessabile"

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segretoPotrebbero essere non più di dieci casi, parte dei quali ormai noti. Parliamo di segreti di Stato: dal Piano Solo del ’64 al sequestro dell’Imam di Milano Abu Omar del 2003. Una manciata di fattacci in cui l’esecutivo ha deciso di classificare, con il massimo grado di riservatezza, documenti, luoghi, circostanze e protagonisti su cui la magistratura aveva avviato delle indagini. Dal 2011, con il decreto contenente le disposizioni per la tutela amministrativa del segreto, esiste anche un inventario degli omissis di Stato presso l’Ufficio centrale per la segretezza. Ed è lì che sono conservati i fascicoli top secret della nostra Repubblica. L’ultimo vincolo lo ha imposto il premier Mario Monti, rinnovando, per la terza volta consecutiva, dopo Berlusconi e Prodi, il segreto sulla vicenda Abu Omar. A pagarne le conseguenze è la Corte d’Appello di Milano dove è di nuovo sotto processo l’ex numero due del Sismi, Marco Mancini, imputato, insieme ad altri 007 dell'intelligence militare, per il pasticcio del sequestro dell’Imam della moschea di viale Jenner, compiuto dalla Cia il 17 febbraio 2003.
LA LISTA DEGLI OMISSIS. L’ultima scansione dei segreti ancora in vita l’ha compiuta il Comitato di controllo sull'attività dei Servizi segreti, sotto la presidenza di Massimo D’Alema. Nella relazione trasmessa al Parlamento il 25 gennaio scorso il Copasir conferma, infatti, di aver ricevuto da Palazzo Chigi la lista dei segreti di Stato tuttora pendenti, «per tre dei quali, trascorso il termine di quindici anni, è stata disposta la proroga fino a trent'anni». Sono tre vicende diventate segrete intorno al '97 e, perciò, per sapere di cosa si tratta sarà necessario attendere il 2027. La relazione contiene, inoltre, anche un elenco di segreti di Stato apposti da Palazzo Chigi o da altre autorità ministeriali «della cui esistenza il Comitato parlamentare è venuto a conoscenza per la prima volta in questa occasione». ...continua a leggere "La Repubblica dei segreti"