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moroIl fascicolo del gabinetto del ministero dell’Interno contenente un appunto riservato scomparso dagli scaffali dell’Archivio centrale dello Stato è stato «smembrato». Lo rivela la relazione presentata il 20 maggio scorso dal consulente Angelo Allegrini alla commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro. Si tratta di un documento di estrema rilevanza. Perché potrebbe collegare due capitoli oscuri della storia italiana: il sequestro del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro e la vicenda Gladio, l’organizzazione paramilitare clandestina, articolazione dei nostri servizi segreti promossa dalla Nato e organizzata dalla Cia (la Central Intelligence Agency statunitense) per contrastare un’ipotetica invasione dell’Europa da parte dell’Unione Sovietica.
Il sospetto che si sta facendo largo tra gli scranni della commissione, che indaga sulla strage di Via Fani e sul rapimento dello statista Dc, è che dietro la scomparsa di quel documento ci sia un movente preciso: tenere nascosta l’identità di chi lo compose, ma anche quella della fonte che ne ispirò i contenuti, per impedire all’organismo parlamentare d’inchiesta di convocarla e scavare nella verità in esso contenuta. E cioè – è questa l’ipotesi che la commissione guidata da Giuseppe Fioroni vuole verificare – che almeno una parte delle munizioni utilizzate dal commando delle Brigate Rosse nella mattanza del 16 marzo 1978 provenisse proprio da un deposito “Nasco” dell’Italia settentrionale, uno degli arsenali segreti di armi ed esplosivi a disposizione di Gladio, le cui chiavi sarebbero state nelle mani di sole sei persone. ...continua a leggere "Commissione Moro, «smembrato» il fascicolo con il collegamento a Gladio"

Giovanni Falcone
Giovanni Falcone

Tasselli mancanti. Misteri mai risolti. Testimoni che chiedono la verità, anche a distanza di 23 anni. Dopo la strage di Capaci - l'attentato del 23 maggio 1992 in cui persero la vita il magistrato anti mafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro - Giuseppe Ayala, amico e collega di Falcone, ha più volte ripetuto queste parole: «Una sera, quando ancora Giovanni era al Palazzo di giustizia di Palermo, andai nella sua stanza. Mi disse: 'Prendi un sorso di whisky, devo terminare una cosa'. Quando finì di scrivere sul computer portatile mi guardò: 'Sto annotando tutto quello che mi sta succedendo per ora in ufficio. Qualunque cosa dovesse succedere, tu sai che è tutto scritto'». Ha più volte commentato, incredulo, la circostanza che nei computer di Falcone non fu trovato nessun diario.
Sono «i pezzi mancanti»: così li ha definiti il giornalista palermitano Salvo Palazzolo, che qualche anno fa ha dedicato un libro a tutte le prove che mancano nelle inchieste su Cosa nostra e la stagione della stragi.
Falcone era un grande appassionato di informatica. Di più: era stato un pioniere, perché aveva capito che per gestire e analizzare grandi quantità di dati non serviva solo il fiuto investigativo, ma anche la tecnologia, i database, i fogli elettronici. Aveva computer ovunque: a casa e in ufficio. Così come amava portare con sé alcuni databank, della Casio e della Sharp, dove annotava minuziosamente informazioni, appuntamenti, pensieri, appunti investigativi. ...continua a leggere "La strage di Capaci, «i pezzi mancanti» nei pc di Falcone"

Aldo Moro
Aldo Moro

Doveva essere dentro una carpetta con su scritto “Aldo Moro” e invece non c’è. E’ l’ultimo giallo legato al sequestro e all’uccisione dello statista democristiano Aldo Moro, di cui il 9 maggio scorso ricorreva il trentasettesimo anniversario della morte, nel quale è inciampato un collaboratore della commissione parlamentare d’inchiesta incaricato di rintracciare un fascicolo, originariamente classificato come “segretissimo”, che il ministero dell’Interno doveva versare all’Archivio centrale dello Stato adempiendo alla direttiva Renzi sulla declassificazione degli atti riguardanti le stragi e il terrorismo. E proprio lì dentro, ha riferito il presidente della stessa commissione Moro, Giuseppe Fioroni, è probabile che ci fosse una nota riguardante la provenienza di alcune munizioni sospette raccolte il 16 marzo ‘78 in via Fani. ...continua a leggere "Commissione Moro, fascicolo scomparso: il presidente Fioroni vuole chiarimenti"

dc9_ustica1_NI ministeri della difesa e dei trasporti dovranno risarcire, per una cifra che dovrà essere quantificata, i familiari di 17 delle 81 vittime del disastro del Dc-9 Itavia precipitato al largo di Ustica il 27 giugno '80. Lo ha deciso la prima sezione civile della corte d'appello di Palermo (leggi sentenza) rigettando gli appelli che l'avvocatura dello Stato aveva promosso contro alcune sentenze emesse nel settembre del 2011 dal Tribunale di Palermo (giudice Paola Proto Pisani). A ricorrere al rito civile, citando per danni lo Stato, erano stati 68 familiari delle vittime assistiti dagli avvocati Daniele Osnato e Alfredo Galasso che in primo grado si erano visti riconoscere un danno complessivo di oltre 100 milioni di euro. Secondo la corte d'appello di Palermo quanto avvenne nei cieli del basso Tirreno in occasione della strage di Ustica è da addebitarsi a un missile lanciato contro il Dc-9 da un altro aereo, da identificare, che intersecò la rotta del volo Itavia o alla 'quasi collisione' con quest'ultimo. I giudici, sposando per intero le conclusioni raggiunte in primo grado, escludono radicalmente le ipotesi alternative della bomba collocata a bordo e del cedimento strutturale attribuendo ai due ministeri la responsabilità di non aver assicurato adeguate condizioni di sicurezza al volo Itavia. La Corte d'Appello ha dichiarato prescritto il solo diritto al risarcimento dei danni "connesso all'illecito consistito nell'avere ostacolato o impedito l'accertamento della verità sulle cause del disastro", e cioè in seguito a depistaggi, eliminando la relativa condanna inflitta in primo grado al ministero della difesa. Nella sentenza i giudici d'appello tornano a confermare la centralità della sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore che nel '99, al termine di una lunga istruttoria, analizzando i tracciati radar di Ciampino e basandosi sul parere di diversi esperti, concluse che il Dc-9 era stato abbattuto nel corso di una battaglia aerea e che la sua rotta era stata disturbata da velivoli militari di diversi Paesi tuttora da identificare. ...continua a leggere "Ustica: Corte d’Appello di Palermo, fu un missile, i ministeri risarciscano i familiari"